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Palo Viejo – Guatemala

Nome del conflitto: Palo Viejo

Dove: Dipartimento del Quichè, Guatemala

Attori: L’impianto idroelettrico di Palo Viejo è un progetto di Enel Green Power realizzato attraverso la sussidiaria locale Renovables de Guatemala dentro un latifondo privato, la Finca San Francisco, che continua a sottrarre terre alle comunità locali. Recentemente la comunità contadina di El Regadio, con l’aiuto dei legali di Via Campesina, ha recuperato la terra che le apparteneva tradizionalmente. Le comunità indigene di San Juan Cotzal chiedono all’impresa il 20% degli utili generati dall’impianto e la riparazione di tutti i danni provocati alle comunità impattate dalla cantierizzazione dell’area.

Cosa sta accadendo: Le comunità Ixil, quasi nella loro totalità, hanno partecipato alla lotta rivoluzionaria che ebbe luogo a partire dalla metà del secolo scorso. Sono stati vittime di 114 massacri, di genocidio ed etnocidio, da parte dello Stato guatemalteco, fino agli accordi di pace nel 1996. Oggi la maggior parte della comunità è rappresentata dai sopravvissuti dei massacri politici.

Il progetto consiste nella generazione di energia elettrica a partire dalla forza idraulica dei fiumi Cotzal, Chipal, Regadio ed Escondido e dovrebbe generare fino a 84 MW. L’impianto è situato  all’interno della Finca San Francisco, un’immensa piantagione di caffè gestita dall’Agricola Cafetelera Palo Viejo. La finca appartiene alla famiglia Broll ed è stata messa insieme nel corso del secolo scorso attraverso la progressiva sottrazione di terre ai municipi limitrofi, alle comunità indigene e ai contadini. All’interno della finca si pratica ancora oggi il lavoro minorile ed  i lavoratori sono pagati tre euro ogni cento chili di caffè raccolto. Le comunità indigene non sono state consultate, come previsto dal diritto e dalle convenzioni internazionali, ed hanno cominciato un’opposizione al progetto a partire dal 2008.

A gennaio 2011 è stata bloccata la strada verso il cantiere, impedendo il transito ai camion dell’impresa. La risposta del governo è stata un’incursione militare dell’esercito che ha seminato il panico fra la popolazione e l’incriminazione di 9 leader indigeni. In seguito a questi episodi le comunità hanno avviato un dialogo con Enel che fino ad oggi non ha prodotto alcun risultato.

Pericoli per la popolazione: La regione del Quichè è ricca di risorse naturali che fanno gola alle multinazionali. La resistenza delle comunità ai progetti di sfruttamento è accompagnata da un clima di intimidazione permanente. Attorno al progetto si è creata una pericolosa alleanza tra governo, imprese e latifondisti. Le comunità vivono una situazione di insicurezza giuridica relativa all’uso della terra a causa della mancanza di titoli di proprietà collettivi e sono spesso minacciate dalle guardie armate della finca.   L’acqua del fiume Cotzal a valle dell’impianto è già pesantemente inquinata dai lavori di costruzione. Quando l’impianto sarà in funzione le comunità a valle non riceveranno più acqua.

Pericoli ambientali: Alterazione della qualità dell’acqua del bacino del fiume Cotzal e deperimento dell’ecosistema a valle.

Possibili soluzioni: L’impianto è già costruito ed il diritto di consultazione è stato violato. E’ necessario che impresa e governo riconoscano la legittimità politica delle istituzioni indigene ed i diritti ancestrali sul territorio delle comunità dando una risposta concreta alle richieste formulate e più volte trasmesse ai diversi attori in campo.

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Hidroaysèn – Patagonia cilena

Nome del conflitto: Hidroaysén

Dove: Regione dell’Aysén, Patagonia, Cile

Attori: Il consorzio HidroAysén è composto dai gruppi di Endesa Chile (51%), dal 2009 controllata da ENEL, e Colbùn (49%), di proprietà della  famiglia cilena Matte. L’80% dell’energia prodotta in Cile, distribuita attraverso la rete nazionale (SIC – Sistema Interconectado Central), è nelle mani delle due sole società Endesa Chile e Colbùn. Il 37% di tutta l’energia prodotta viene utilizzata per l’estrazione mineraria, principalmente ad opera di multinazionali straniere. Dal 2007 una coalizione di 90 organizzazioni ha dato vita alla campagna, nazionale e internazionale, Patagonia sin Represas. Nell’Aysén vi sono numerose agrupaciones che a livello locale si appongono al progetto. A febbraio del 2012 è nato il Movimento Sociale dell’Aysén che ha paralizzato il sud del Cile con blocchi stradali per diverse settimane.

Cosa sta accadendo: Il progetto Hidroaysén prevede la costruzione di cinque dighe, di cui due sul fiume Baker e tre sul fiume Pascua (tra i fiumi con la maggiore portata d’acqua di tutto il paese) che produrranno in totale 2750 MW, una quantità di energia pari a circa il 20% dell’intera capacità di generazione attualmente installata nel paese. L’elettricità verrà trasportata per più di 2000 chilometri a nord attraverso delle linee ad alta tensione sorrette da 6000 torri alte 70 metri. La valutazione di impatto ambientale delle dighe è stata approvata a maggio 2011, mentre la procedura di valutazione della linea di trasmissione è iniziata recentemente. Il progetto avrà un costo complessivo di 7 miliardi dollari.  A partire dal 2007 si è sviluppata una crescente opposizione al progetto. Una vasta coalizione nazionale di organizzazioni si è riunita nel Consigli di Difesa della Patagonia dando vita alla campagna “Patagonia sin represas”. Secondo i sondaggi, il il 58% dei cileni sarebbe contrario al progetto. Lo scorso anno imponenti manifestazioni a Santiago contro il progetto hanno preceduto l’emergere del movimento studentesco. Da febbraio scorso nella regione sono in corso forti mobilitazione sociali contro le politiche economiche del governo Pinera ed il Movimento Sociale dell’Aysen ha chiesto al governo l’indizione di un referendum popolare sul progetto. Le mobilitazioni sono state represse con la violenza e nella regione il territorio è stato militarizzato. A marzo la Corte Suprema ha respinto i ricorsi presentati dalle comunità locali con il voto di 3 membri a favore e due contrari. Il  giudice Pierry Arrau che ha fatto la differenza è proprietario di 109.840 azioni ENDESA.

Pericoli per la popolazione:  La regione dell’Aysen è scarsamente popolata con una densità media di circa un abitante per chilometro quadrato. Le famiglie dislocate sarebbero 18. L’Aysén, da un punto di vista economico, soffre dell’isolamento geografico. Le principali attività sono l’allevamento e l’ecoturismo. Quest’ultima, in particolare, è ancora poco sviluppata rispetto alla vicina Patagonia argentina e rappresenta una grossa potenzialità che potrebbe essere stroncata dalla costruzione delle cinque dighe e della linea di trasmissione. Il consorzio Hidroaysén, per guadagnare il consenso della popolazione locale, ha distribuito e continua a distribuire contributi economici sia ai municipi che direttamente alle famiglie. Ciò ha creato numerosi conflitti all’interno delle comunità e delle stesse famiglie. Cochrane, una cittadina di appena 3000 abitanti, durante la costruzione del megaprogetto verrebbe invasa da 5000 lavoratori temporanei provenienti dal nord, con forti ripercussioni sulla vita della comunità.

Pericoli ambientali: Il riempimento dei bacini sommergerà 5900 ettari di terra sulla quale sono ancora oggi presenti alcune importanti foreste primarie. L’inondazione delle zone rocciose e dei boschi e delle paludi della valle del Baker provocherebbe la perdita dell’habitat di numerose specie animali che vivono lungo i due fiumi,  dai grandi mammiferi ai più piccoli insetti e anfibi. Gli sbarramenti altererebbero la composizione chimica dell’acqua trattenendo alghe, microrganismi acquatici ed altri nutrienti necessari per i pesci ed i mammiferi e provocherebbero un ingrossamento dei fiumi a monte che farebbe aumentare le inondazioni nelle zone circostanti. La linea di trasmissione dovrebbe attraversare gran parte del paese compresi 4 parchi nazionali, 8 riserve forestali nazionali, 16 siti prioritari per la conservazione della biodiversità, 3 zone turistiche di interesse nazionale, 26 zone umide.

Possibili soluzioni: Sospendere il progetto Hidroaysén e prendere in considerazione le alternative che sono state proposte in diversi studi realizzate negli ultimi anni, sfruttando l’emorme potenziale di diversificazione energetica del Cile e realizzando altri tipi di impianti, di piccola scala e decentralizzati per soddisfare la domanda energetica dei cittadini e non quella delle imprese coinvolte nell’estrazione mineraria.

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El Quimbo – Colombia

Nome del conflitto: El Quimbo

Dove: Dipartimento di Huila, Colombia

Attori: Il progetto è promosso da Emgesa che per il 48% è controllata da Endesa/Enel. L’impresa costruttrice è l’italiana Impregilo, attualmente oggetto di indagini giudiziarie per irregolarità nell’affidamento dei lavori da parte di Emgesa. Le comunità impattate sono pescatori e contadini della regione, riuniti nell’associazione Asoquimbo.

Cosa sta accadendo: Il progetto  idroelettrico di El Quimbo si compone di una diga alta 151 metri e larga 632 metri e di un tunnel di diversione lungo 489 metri. E’ previsto che produca 400 MW.  Il bacino avrà un larghezza di 55 Km ed una lunghezza di 1.4 km e inonderà 8250 ettari di terra. Il progetto risale al 1997 ma fu bocciato dal ministro dell’ambiente di allora in quanto nessuna delle alternative presentate nello studio di impatto ambientale fu ritenuta adeguata alle caratteristiche socio-economiche e ambientali della regione.

Nel 2007 viene presentata una nuova richiesta di licenza ambientale da parte di Emgesa che viene approvata nel 2008, dopo che l’impresa ha rinegoziato al ribasso le misure di mitigazione e le compensazioni per la popolazione locale. Vi sono numerosi procedimenti ed indagini giudiziarie in corso da parte di tribunali e organi investigativi locali nonché una crescente opposizione delle istituzioni locali di fronte all’iter del progetto. La Corporación Autónoma Regional dell’Alto Magdalenda ha chiesto il blocco dei lavori e soprattutto la revoca della licenza ambientale a causa dello sversamento di sostanze inquinanti nel fiume tra il 19 e il 21 marzo scorso. Il 14 e 15 febbraio 2012 Emgesa ha sollecitato l’uso della forza pubblica contro un gruppo di manifestanti che occupava un’area tradizionale di pesca, nonostante i 30 metri dalla riva del fiume siano per costituzione inalienabili e di uso pubblico. Testimoni riferiscono che la polizia antisommossa ha utilizzato i mezzi del cantiere e dell’impresa costruttrice Impregilo contro la popolazione. Il bilancio è stato di 7 feriti, uno dei quali ha perso il suo occhio destro. Il fratello del ministro dell’interno German Vargas Lleras,  che ha autorizzato l’operazione di polizia, è un dirigente di Emgesa.

Il progetto idroelettrico El Quimbo risponde al programma economico che il governo di Juan Manuel Santos, in continuità con il suo predecessore, chiama “locomotrice mineraria-energetica”: miniere di oro e carbone, agrocombustibili, estrazione di petrolio e produzione di energia elettrica sarebbero i motori della crescita economica colombiana.

Pericoli per la popolazione: Il progetto presenta un elevato impatto ambientale, sociale ed economico nell’area di incidenza. L’inondazione di 8500 ettari provocherà i seguenti impatti negativi sulla popolazione:

  • Inondazione di più di 2000 ettari di terre fertili nei municipi di Gigante, Garzón y Agrado  e conseguente disgregazione di 8 imprese agricole in piena produttività
  • Inondazione delle vie di comunicazione che collegano le diverse comunità
  • Trasferimento di 1466 persone e perdita di 2000 posti di lavoro
  • Mancati introiti dalla produzione agricola pari a 32 milioni di pesos annui e conseguente perdita della sicurezza alimentare per circa 3000 persone. Inoltre lo sbarramento del fiume minaccia anche la sicurezza alimentare delle comunità a valle che vivono principalmente di pesca
  • Altissimo rischio sismico per l’intera zona, come dichiarato dall’Istituto colombiano di geologia.

Pericoli ambientali: 842 ettari degli 8250 che verranno inondati sono di foresta amazzonica. L’alterazione della qualità e del flusso dell’acqua provocherà la scomparsa di numerose specie. Già in questa prima fase dei lavori di costruzione l’inquinamento del fiume ha prodotto una moria consistente di pesci.  

Possibili soluzioni: Asoquimbo propone di trasformare l’area in una riserva contadina agroalimentare autogovernata dalle comunità

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Le comunità impattate dai progetti dell’ENEL fanno sentire le loro ragioni in occasione dell’Assemblea degli Azionisti

proteste contro ENEL in Colombia - dal sito http://comitatocarlosfonseca.noblogs.org

proteste contro ENEL in Colombia – dal sito http://comitatocarlosfonseca.noblogs.org

LUNEDÌ 30 APRILE, ORE 13.30

DAVANTI ALLA SEDE DELL’ENEL A VIA REGINA MARGHERITA, ROMA

Grandi dighe in fase di realizzazione o di progettazione, centrali a carbone già funzionanti e proposte per nuovi impianti nucleari ritenuti molto a rischio. I rappresentanti delle comunità impattate dalle attività dell’Enel in Italia e in altri luoghi del Pianeta si danno appuntamento il giorno dell’assemblea annuale degli azionisti dell’azienda energetica italiana – partecipata per oltre il 30 per cento dal nostro governo – per fornire le loro testimonianze alla stampa e agli azionisti interessati.

Durante la conferenza stampa, convocata davanti alla sede della compagnia, verrà lanciata la campagna STOP ENEL. Interverranno:

  • Monsignor Alvaro Ramazzini – testimone d’onore delle comunità nel dialogo con l’ENEL (diga di Palo Viejo in Guatemala)
  • Concepcion Santay – Sindaco indigeno maya/ixiles di San Juan Cotzal (diga di Palo Viejo in Guatemala)
  • Victor Formantel Gallardo – Movimento Sociale dell’Aysèn (progetto Hydroaysen per la costruzione di cinque dighe nella Patogonia cilena)
  • Juan Pablo Orrego – Ecosistemas/Patagonia sin Represas (Cile)
  • Jorge Eladio Hueche Catriquir – in rappresentanza della comunità indigena Mapuche di Panguipulli (Cile).
  •  Miller Armin Dussan Calderon – Professore Surcolombiana e portavoce di Asoquimbo (diga di El Quimbo in Colombia)
  •  Vladimir Slivyak – Ecodefense (progetto di centrale nucleare di Kaliningrad e centrale a carbone di Reftinskaya, in Russia)
  •  Codruta Nedelcu – ARIN (centrale a carbone di Galati in Romania)
  •  Diana Popa – BWN (centrale a carbone di Galati in Romania)
  •  Elona Saro – EDEN Center (centrale a carbone di Porto Romano in Albania)
  •  Un rappresentante del Comitato No Coke di Civitavecchia
  •  Un rappresentante di Sos Geotermia Coordinamento dei Movimenti per l’Amiata

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Appello per una campagna internazionale contro il modello energetico dell’ENEL

Appello internazionale emendato e approvato dall’Assemblea della Campagna il 30 Aprile 2012

L’ENEL è la più grande società elettrica italiana e la seconda in Europa per potenza installata. Nel 1999 è stata privatizzata ed oggi è quotata in borsa contando 1,2 milioni di azionisti. In parte resta una società pubblica in quanto il 31% è proprietà del Ministero dell’Economia e delle finanze, quindi dei cittadini italiani.

Oggi sono 40 i paesi dove ENEL opera nel settore dell’energia elettrica e del gas. Nel 2009 con la definitiva acquisizione della società elettrica spagnola ENDESA, Enel ha ereditato impianti e progetti in numerosi paesi dell’America Latina. Ad accomunarli è purtroppo un evidente retaggio coloniale, che include legislazioni nazionali anti-democratiche e sistemi di valutazioni ambientale chiaramente inadeguati e orientate al settore corporativo come dimostra la gravità degli impatti socio-ambientali. L’arroganza di Enel si è gravemente manifestata anche in Italia verso i territori interessati dai suoi progetti e gli abitanti coinvolti.

Nonostante l’immagine verde e di impegno verso la sostenibilità, che la multinazionale italiana si affanna a comunicare attraverso i suoi messaggi promozionali, la realtà è ben diversa. L’ENEL continua a costruire centrali a carbone nonostante gli impegni di riduzione dell’emissione di gas serra, e usando in maniera ingannevole terminologie come “carbone pulito”. Ciò è possibile grazie  ai meccanismi cosiddetti flessibili del protocollo di Kyoto che consentono alle imprese di continuare ad inquinare, assegnando veri e propri permessi di emissione in cambio della costruzione di impianti di energie rinnovabili. Ma l’energia può essere considerata verde solo ad alcune condizioni. Non quando rischia di distruggere ecosistemi incontaminati, come nel caso del progetto Hydroaisèn nella Patagonia cilena e dei progetti previsti sulle nostre Alpi, o quando calpesta i diritti, le economie locali e l’accesso all’acqua delle comunità contadine e dei popoli indigeni, come avviene nella regione Ixil in Guatemala, in Colombia e in Cile spesso in violazione della Convenzione 169 dell’ILO. L’energia non può essere considerata verde o rinnovabile quando prosciuga le falde acquifere, emette sostanze dannose per la salute dei cittadini o li espone a rischi incalcolabili come nel caso della geotermia sull’Amiata e del nucleare in Slovacchia o in Russia.

ENEL è pertanto responsabile di promuovere in Italia ed esportare all’estero un modello energetico insostenibile e obsoleto, aggravato da un atteggiamento autoritario e irrispettoso dei territori locali. Un modello basato su una produzione centralizzata per mezzo di grandi impianti, imposti alle comunità locali e velati da compensazioni economiche elargite ai comuni o ai governi compiacenti, spesso mascherate da politiche di responsabilità sociale d’impresa che dividono intere comunità. E’ nei grandi cantieri infatti che si annidano la corruzione, la speculazione, il conflitto di interesse e si realizzano i profitti maggiori, a scapito dell’ambiente e dei diritti delle comunità. Un modello di produzione finalizzato non a migliorare la qualità della vita dei cittadini e garantirne l’approvigionamento energetico, ma  ad alimentare l’industria estrattiva ed un’economia basata sul saccheggio e sullo sfruttamento illimitato delle risorse. Un modello che sta inevitabilmente generando conflitti ambientali e sociali con le comunità locali. I principali a livello internazionale sono oggi in corso in Cile, e particolarmente nella regione dell’Aysèn in Patagonia, nel territorio ancestrale e nei siti sacri di Panguipulli (Cile), nel Municipio indigeno di San Juan Cotzal (Guatemala), nella zona di El Quimbo, Dipartimento di Huila (Colombia), a Porto Romano (Albania), a Mochovce (Slovacchia), nel Distretto di Galati (Romania), a Kaliningrad (Russia). In Italia, a  Civitavecchia, sul Monte Amiata, sulle Dolomiti, a Porto Tolle, a Brindisi, a Bastardo, a Fusina, a Genova, a La Spezia.

La risposta che l’alleanza tra impresa e governi ha troppo spesso riservato alle comunità locali che si battono per difendere il territorio è repressione, violenza e criminalizzazione attraverso leggi speciali.

Noi vogliamo un altro modello di produzione, distribuzione e gestione dell’energia e di definizione delle priorità. Un modello reticolare, decentralizzato ed efficiente basato su impianti di energia rinnovabile di piccola scala, che avvicini la produzione di energia al consumo, eliminando la necessità di grandi linee di trasmissione, che preveda l’effettiva partecipazione delle comunità locali nei processi decisionali di pianificazione e gestione e che non danneggi la salute delle persone  e l’ambiente.

Per questo ci attiviamo con una  campagna internazionale che:

  • Denunci e arresti un modello di sviluppo estrattivista e un modello energetico insostenibile e distruttivo per l’ambiente, che viola i diritti umani ed il  diritto alla partecipazione delle comunità coinvolte.
  • Promuova un modello energetico alternativo che metta al centro i diritti umani, la difesa della salute dei cittadini e la difesa del territorio come bene comune
  • Sostenga unitariamente le rivendicazioni delle comunità locali in Italia e a livello internazionale
  • Dia vita ad  una campagna globale che metta in rete le comunità locali, i movimenti sociali e le associazioni coinvolte nei diversi conflitti.

Questa campagna mira a sostenere una rete che si coordini a livello locale, regionale, nazionale, internazionale e che adotti strategie  di tipo comunicativo, legale e di mobilitazione, basata sulla partecipazione di soggetti sociali.

Come primo appuntamento ci siamo incontrati a Roma il 29 aprile in un’assemblea internazionale alla quale hanno partecipato, oltre ai comitati italiani, anche rappresentanti delle comunità e movimenti locali dal Cile, Guatemala, Colombia, Albania, Romania, Russia.

Oggi 30 aprile, giorno dell’assemblea degli azionisti, siamo di fronte all’ENEL per la conferenza stampa di presentazione della campagna internazionale:

STOP ENEL. Per un nuovo modello energetico

Per i prossimi appuntamenti la rete si prefigge di appoggiare le mobilitazioni locali a partire da quelle previste in Colombia il prossimo 19 Giugno e 20 luglio.

Per aderire alla campagna scrivere a: noenel-adesioni@autistici.org

Adesioni Italia:

Amig@s MST-Italia/Roma, Ass. di amicizia con il popolo Mapuche, Ass.  COLORE – Cittadini contro le mafie,  Ass. culturale Aktivamente, Ass. Il Cerchio, Ass. Italia-Nicaragua, Ass. Kiwani – Il risveglio, Associazione No.Di-INostri Diritti, Associazione Stelle Cadenti – artisti per la pace, A Sud, ATTAC Italia, Campagna di solidarietà con le Comunità Ixiles del Guatemala, Campagna per la Riforma della Banca Mondiale, Centro Comunicazione COMBONIFEM, Centro Missionario Giovanile dei Servi di Maria, Centro studi Juan Gerardi, CETRI-TIRES, CEVI – Centro di Volontariato Internazionale, CISV – Comunità Impegno Servizio Volontariato, Cittadini Liberi – Porto Tolle, Collettivo Lucciole per lanterne, Comitato 11 Ottobre, Comitato Carlos Fonseca, Comitato Italiano Amigos Sem Terra, Comitato Lametino Acqua pubblica, Comitato No Carbone – Rossano (CS), Comitato Provinciale Acqua Bene Comune di Reggio Emilia, Comune-info.net, Comitato SpeziaViaDalCarbone, Confederazione COBAS, Coordinamento trentino Acqua Bene Comune, D.A.D.A. (Dipartimento Autogestito Dell’Alternativa, ex-bar sede centrale Università Federico II), FabioNews, Forum Ambientalista, Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, Il sud siamo noi, Legambiente Reggio Emilia, Movimento di Giurisprudenza (Movimento Studentesco Facoltà di Giurisprudenza Università Federico II Napoli), Movimento No Coke Alto Lazio, ONLUS Amici del Guatemala, Pax Christi Italia, Pontinia Ecologia e territorio, Progetto Sur Onlus, Punto pace Pax Christi Reggio Emilia, redazione www.latinoamerica-online.it, Reggae Circus di Adriano Bono, Retenergie, Selvas.org, Servizio Civile Internazionale, Solarecollettivo Onlus, Sos Geotermia Coordinamento dei Movimenti per l’Amiata, Spazio Sociale Occupato Ex-51, SUR – Società Umane Resistenti, WILPF Italia ( Lega Internazionale di donne per la Pace e la Libertà), Yaku

Adesioni internazionali:

CEE Bankwatch Network, Ecodefense (Russia), Asociación de afectados por el proyecto hidroeléctrico El Quimbo – ASOQUIMBO (Colombia), “Movimiento colombiano por la defensa de los territorios y afectados por represas RIOS VIVOS” (Colombia), ARIN (Romania), EDEN Center (Albania), Parlamento Mapuche de Koz Koz (Chile), El movimiento ciudadano Patagonia Unida y Patagonia Sin Represas – Organizaciones comunitarias “Defensores del espiritú de la Patagonia” Cochrane (Chile), “Defensores de la Cuenca del Murta” Bahia Murta (Chile), “Herederos de la Patagonia” Villa Cierro Castillo (Chile), Agrupacion comunitaria Rio Pascua Villa O’Higgins (Chile), Agrupacion comunitaria social y ambiental Chomke Caleta Tortel (Chile), Comunidades Ixiles de San Juan Cotzal, Chajul y Nebaj (Guatemala), Comunidades Q’eqchi de Copon Uspantan (Guatemala), Asociacion Tierra y Libertad para Arauco (Arcueil, Francia), Consejo de Juventudes Maya, Garifuna y Xinca (Guatemala), Comité Central Menonita (Guatemala – El Salvador), Colectivo Informativo Mapuexpress (Wallmapu, Pueblo Mapuche), Grupo de trabajo por derechos colectivos (Chile), Red de organizaciones sociales y ciudadanas de Temuco (Chile), ILSA – Instituto Latinomericano para una Sociedad y un derecho Alternativos, ACIN – Asociacion de Cabildos de Indigenas Norte del Cauca (Colombia), International Rivers, AFRICANDO (España)

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