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Documento Conclusivo 2° Assemblea Nazionale STOP ENEL

La seconda assemblea nazionale della Campagna STOP ENEL si è tenuta a Civitavecchia il 29 e 30 Settembre 2012, ed ha visto la partecipazione di numerosi comitati e associazioni locali che si battono in difesa del proprio territorio lungo tutta la penisola, ai quali si sono aggiunti gli  interventi di numerosi comitati operativi in altri paesi del mondo: Cile, Colombia, Guatemala.

Il confronto tra le diverse esperienze ha ben definito e confermato la condotta sciagurata, a tratti criminale, imputabile al più grande ente energetico italiano in lungo ed in largo nella penisola, a partire proprio dal territorio che ha ospitato l’evento, quindi dalla losca storia della centrale a carbone di Torrevaldaliga Nord. Condotta che diventa bellica e coloniale fuori dai confini italiani, in particolare nell’America Latina, laddove per sbaragliare le resistenze pacifiche di intere comunità letteralmente strappate dalle proprie terre a causa dei progetti Enel, i deboli governi locali non  esitano a ricorrere persino all’esercito.

L’assemblea nazionale STOP ENEL ha sancito con queste popolazioni non un semplice legame di solidarietà, già stabilito e consolidato, ma una vera e propria alleanza volta a fermare lo sviluppo disastroso del modello energetico di cui Enel è triste ambasciatrice italiana nel mondo.

Sul versante italiano, l’azione speculativa di Enel si avvale di un contesto politico e sociale profondamente incerto e contraddittorio, reso ancor più drammatico dalla crisi.

Il contrasto artificiale salute-lavoro riveste ormai da decenni un ruolo importante nel dibattito pubblico: il caso dell’ILVA di Taranto ne è un fulgido esempio, ricalca fedelmente decine di vicende in cui è coinvolta Enel ed intreccia non soltanto il settore industriale, ma anche molti altri, tra cui quello dei rifiuti e delle mega-infrastrutture. È facendo leva sul bisogno di lavoro dei territori che gli speculatori energetici ottengono molto più consenso di quello che meritano per i propri progetti ultra-inquinanti e irrispettosi del territorio e dei diritti delle popolazioni locali. Ma come ogni ricatto sociale, quello del lavoro si fonda su presupposti menzogneri. Storicamente nessuno dei progetti industriali, con particolare riferimento alle grandi centrali elettriche, seppure proposti come vere e proprie manne dal cielo per territori in difficoltà, ha mai apportato effettivamente benefici lavorativi ai territori, in quanto ne sconvolge le naturali vocazioni soffocandone l’economia e svalorizzandone le risorse. Spesso si tratta di posti di lavoro transitori legati alla costruzione o la riconversione degli impianti. I prezzi sanitari, invece, sono sempre pagati in pieno, come e più delle previsioni.

Ecco perché quello tra salute e lavoro è un contrasto assolutamente artificiale, creato ad arte per favorire la frammentazione sociale, spaccando le comunità anche  con la colpevole connivenza delle burocrazie sindacali le quali troppo spesso si ergono a difesa delle aziende piuttosto che dei lavoratori, non battendosi per migliori condizioni di lavoro e di vita delle comunità, bensì per la sola esistenza o permanenza del presidio industriale. Tutto questo per coprire il vero inconciliabile antagonismo alla base del complessivo processo di produzione dell’energia: quello tra interesse privato ed interesse collettivo, tra profitto e bene comune.

A questo si aggiunge un quadro della democrazia sempre più incerto.

Con una lunghissima serie riforme, trucchi e provvedimenti emanati a tutti i livelli, le istituzioni italiane hanno di fatto affidato ad una serie di speculatori buona parte dei settori di interesse pubblico e dei servizi ai cittadini: dall’acqua ai rifiuti, dall’energia ai trasporti eccetera. Con la netta presa di posizione nei referendum del Giugno 2011 su nucleare e privatizzazione dei servizi locali, gli italiani hanno dimostrato di giudicare sbagliato questo modello speculativo e privatistico, eppure, in barba ad ogni rispetto della volontà popolare e delle stesse istituzioni democratiche, quella scelta continua ad essere ignorata. Non solo.

Al quadro di incertezza si aggiunge la costante azione di inquinamento democratico di Enel: dalle sponsorizzazioni di ogni tipo, al finanziamento di progetti di ricerca per evidenti tornaconti aziendali, passando per i cosiddetti progetti di “responsabilità sociale” nei paesi del sud fino all’ottenimento di misure ad hoc per sbloccare gli iter autorizzativi delle centrali e/o derogare dalle decisioni dei diversi livelli istituzionali.

Influenza che di certo non risulta meno rilevante nel campo della comunicazione, laddove Enel contrasta apertamente e proficuamente con notizie ed informazioni lacunose o false, le tesi ed i risultati delle numerose inchieste realizzate da comitati ed associazioni a difesa del territorio, persino quando queste riguardano inconfutabili constatazioni scientifiche o drammatici dati sanitari.

A cavallo tra l’inquinamento democratico e l’informazione non indipendente si sta giocando anche la sporca partita della green economy, che dipinge di verde gli stessi meccanismi finanziari che hanno portato alla crisi che ha trascinato l’economia nel baratro.   E’ grazie allo sfruttamento dei meccanismi di mercato previsti dal protocollo di Kyoto ed agli incentivi errati erogati dall’UE che le imprese energetiche possono continuare ad inquinare, a devastare e controllare interi territorio realizzando doppi profitti.  “ . Un modo di produrre energia che  non ha nulla a che vedere con il concetto di sostenibilità, in quanto basata su fonti impropriamente definite rinnovabili (si pensi alle biomasse o alla geotermia) oppure su mega-impianti privi di ogni criterio di razionalizzazione della produzione e del consumo di territorio (si pensi alle mega centrali fotovoltaiche poggiate su terreni agricoli).

L’esistenza di una rete internazionale come la Rete Stop Enel può e deve svolgere un ruolo fondamentale per incidere su ognuno di questi fattori e favorire l’adozione di nuovo modello energetico. Una rete che sostenga i comitati locali dunque, ma che abbia anche la capacità di mettere a disposizione degli stessi competenze, informazioni, strumenti ed una strategia generale che rafforzi ogni vertenza territoriale e dia vita ad una vera e propria vertenza nazionale ed internazionale per un sistema energetico pubblico, per il coinvolgimento diretto delle comunità nei processi decisionali, per andare oltre l’energia semplicemente “rinnovabile”, “verde”, “pulita” ed imporre il concetto di energia “giusta” ed “equa”. Equità che non deve riguardare solo la fase di costruzione o di rinnovamento di impianti di produzione e di trasmissione di energia, ma che venga imposta anche nelle fasi successive, quando troppo spesso nel corso di questi decenni ad Enel è stato permesso di lasciare i propri rottami tossici inutilizzati sui nostri territori, moniti di subalternità delle comunità locali nei confronti dello strapotere statale prima e aziendale poi. Una rete, dunque, che supporti e intraprenda battaglie per gli smantellamenti degli impianti esistenti e le bonifiche dei territori.

Con lo stesso spirito, per le stesse ragioni, la seconda assemblea Stop Enel ha deciso di affiancarsi alla Campagna Contro le Infrastrutture Inutili. Un legame naturale, basato sulla correlazione tra il settore dell’energia e quello delle infrastrutture, correlazione che si manifesta nei tanti progetti di entrambi i settori, caratterizzati dall’inquinamento democratico, dallo sfruttamento del ricatto del lavoro, in generale dalla avversità alle esigenze dei territori e delle comunità, le quali vengono letteralmente spodestate e rese subalterne alle esigenze speculative. Si tratta di progetti, in realtà, che animano uno stesso modello sbagliato e distante dalle esigenze della popolazione.

In termini immediati, l’Assemblea Nazionale ha deliberato alcuni obiettivi e strumenti da utilizzare per rafforzare la propria azione: dall’azionariato critico, pratica già attuata e da rafforzare, alla organizzazione di una presenza massiccia della Rete in occasione degli eventi di rilevanza territoriale e/o comunicativa, a partire da quello del 12 Dicembre a Brindisi in occasione della prima udienza del processo contro Enel per i danni ambientali e sanitari causati della centrale Federico II. È stato inoltre deciso l’avvio della stesura di un Piano Energetico Nazionale dal basso, che si basi sulle esigenze delle comunità, anche in contrasto con il Piano Energetico proposto dal Governo attualmente in carica, piano energetico chericalca e rende organica la stessa logica deleteria con cui ha agito qualsivoglia Governo fino ad ora.

L’Assemblea ha inoltre deciso di dotarsi di strumenti utili a massimizzare ed allargare le forze della Rete. In primis la stesura di una mappa delle competenze della Rete per permettere ad ogni territorio di sopperire ad eventuali mancanze e sfruttare le energie messe a disposizione dai vari territori. Inoltre è stato ritenuto utile produrre una mappa dell’attività Enel su scala globale e, contestualmente, mettere in stretta relazione coloro che si stanno occupando di vicende internazionali; ampliare, sulla base della discussione assembleare, il manifesto della campagna; rafforzare l’attività comunicativa della Rete. Per rispondere a queste esigenze, l’assemblea ha sancito la strutturazione di quattro gruppi di lavoro interni: America Latina ; Piano Energetico Nazionale ; Manifesto ; Comunicazione.

Civitavecchia, 30 Settembre 2012.

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